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Testi

I pensieri e le sensazioni ci attraversano e vanno via. A volte li fermo e scrivo dando spazio sulla carta anche al respiro. A voce alta si farebbe una pausa, e vado a capo.

SE ANCHE IO
Ecco che ci fermiamo di nuovo,
adesso arriverò in ritardo.
Non si può mai fare affidamento sui treni.
Ah già. Siamo alla frontiera. Francia Italia.
Un confine che passa e neanche te ne accorgi
ché la terra è la stessa
Bei tempi quelli dell’Europa senza frontiere.
Ora chiedono i documenti.
A me mai.
Ecco due poliziotti che si fermano
Controllano solo persone un poco più scure di me,
solo uomini.
Io offro la mia carta d’identità,
no non c’è bisogno signora.
Ecco, penso, che cattivi
Che ingiusti
discriminanti.
Poi.
Poi si fermano nelle quattro poltrone avanti a me
Chiedono i documenti a un uomo che non posso vedere.
Un uomo che non capisce l’italiano
Gli spulciano il passaporto
Prima uno
Poi l’altro
Stanno in silenzio, le guardie, sono serissimi
Comincia ad aumentare la tensione.
Chissà che faccia ha l’uomo
Chissà se è teso
Io sì.
Il treno resta fermo
Nella mia testa rimbomba il ritardo che sta accumulando.
Il mio appuntamento che slitta.
La polizia si allontana,
ripartiremo, penso.
Invece niente il treno non si muove
Non si muove.
C’è silenzio nella carrozza
E’ piena di valigie enormi
È piena di indiani.
Chissà che giro hanno fatto,
chissà perché sono tutti qui oggi
penso.
Poi sento
Sento arrivare passi svelti e decisi.
Sento arrivare
L’ansimare di un cane
Sento arrivare
E mi giro
È un lupo enorme
Altri due poliziotti
Non sono quelli di prima
Richiedono i documenti a quell’uomo
Quello seduto avanti a me
Quello che non vedo
Gli ordinano di tirar giù la valigia
Mettono il cane del muso sulla valigia
Il cane ansima
Il cane è agitato
Comincio ad essere agitata anche io.
Il cane tira avanti
Non c’è nulla
Andiamo avanti
I due poliziotti lo strattonano ancora
Qui, annusa qui
Non c’è nulla fratelli
andiamo avanti.
Sembra dire,
non dice, tira.
C’è silenzio nella carrozza.
E’ piena di valigie.
C’è silenzio.
Vanno.
Il controllo è finito.
L’uomo non si è alzato.
E io.
E io ho paura.
Paura, quella irrazionale.
È se ci facesse del male.
Se facesse saltare il treno.
Scrivo il mio messaggio
“Amore ho paura.
Ci sono molti controlli.
Ho paura”.
Poi penso,
mi ricordo di pensare
E quel che penso
È che hanno fatto i controlli
Non c’è da aver paura
Il cane avrebbe fiutato
Gli uomini visto
Non c’è da aver paura.
Piano piano educo il mio cuore a rilassarsi
A ritornare alla lettura
Agli appunti
Al viaggio
Piano
Perché ogni tanto torna la paura
Io l’uomo non lo vedo
Non parla
Non fa nulla.
Non lo vedo non fa nulla e fa paura
Lui.
Poi va via, la paura,per distrazione
Tanto che posso fare
E poi hanno controllato.
Il viaggio continua
La destinazione arriva
Siamo a Principe
Mi preparo a scendere.
Dal corridoio dell’uscita
vedo la sua mano
tirare giù la valigia annusata
sta venendo verso di me
l’uomo.
Scenderà.
Poi alzo gli occhi fissi sulla valigia e guardo
Arrivo prima alla sua maglietta. Nera.
Con tutti i simboli delle società di calcio dal mondo.
È pienotto, l’uomo.
Alzo ancora lo sguardo.
Ha la barba spessa, l’uomo
Ha la barba musulmana.
E i capelli ricci e fitti.
Mi guarda, l’uomo
Apre un sorriso
Mi parla, l’uomo
Mi chiede in un inglese con accento arabo
Se quella è la stazione di Genova Principe
Si
Se lì si può comprare il biglietto per Roma

Se posso dirgli dov’è la biglietteria…
Si
Vieni, ti ci accompagno.
Sono gentile con lui,
scendiamo insieme le scale del sottopasso.
Poi gli indico quelle da salire
E scappo perché ho fretta
Scappo per l’appuntamento
Scappo perché ho avuto paura
Scappo per la vergogna
perché mi vergogno di aver avuto paura
perché ho discriminato
Perché mi sarebbe bastato alzarmi
sedermi lì vicino
Io. Proprio io.
Se anche quelli come noi
Se noi abbiamo pauraLe nostre parole d’accoglienza
Si accartocciano nel cesto della carta
Mi sarebbe bastato alzarmi,
sedermi lì vicino.
Guardarlo negli occhi
Regalarci un sorriso
Ascoltare una domanda
Farmi dare una risposta.
Sedermi vicino.
Alla paura bisogna sedersi vicino.
Si scioglie la paura
Respira la paura
Sorride
e se ne va.
IO VENGO DAL SUD

Io vengo dal sud, il mio sud è solo l’apparenza.
C’è sempre qualcosa più a sud del sud,
finchè non si fa girotondo.
Perché è così l’orizzonte, infinito e circolare.
Navighiamo a vista, una vista che non finisce e che ritorna.
Io vengo dal sud, dal meridione.
Terra di vulcani, mare in tempesta, canzoni ad alta voce, castelli nell’acqua.
Limoncelli, preghiere, sotterranei.
Tufo.
Rivoluzioni e spazzatura, poche tasse, molti balconi.
Santi e santerie, conchiglie e misteri, terroni, barboni, barche e marinai.
Intelligenza. <br>
Aiutatemi signò,
tengo famiglia,
quindici in una stanza,
e uno in un palazzo,
contraddizioni, bellezza,
calore, colori, danze e violenza,
pistole e ricatti.
Generosità e appartenenza.
mondo sparso nel mondo.
Dovunque, tutte le latitudini, tutte le longitudini.
Invadenza.

Poi rovescio il bicchiere,
il vino fa un disegno sul cotone,
e divento nord, freddo,
nebbia calore nelle case,
caminetti e sveglie al buio.
Amicizie lente ma sicure e durature:
quattro anni per un sorriso,
cinque per un caffè, ma poi è per sempre.

Gli ulivi diversi, più alti, in cerca di sole,
il silenzio, i segreti tenuti e non di Pulcinella.
Gli occhi profondi, la lingua da capire.
Gesti d’affetto bruschi o accennati.
Tenerezze, lavoro.
Serietà.
Fabbriche, i templi in un cassetto.
Le riunioni, la costanza.
Osservazione.
Riconoscenza.
Il vino e il suo disegno di regioni,
“ a ragione e con ragionamento”,
si sparge e inganna, mischia,
sbuffa,
odora.
Il mondo si contamina di sé,
si diluisce,
si amalgama,
congiunge.
L’altro che fu diverso,
si intromette.
Miscela, ingerisce il nuovo
e gli appartiene.
Diventa partecipato a tutto.
Viaggia, chiede.
Accoglie e viene accolto,
si moltiplica, l’essere umano.
Essere chè da una cellula
si costruisce un uomo,
essere umano in cerchio,
davanti al fuoco,
in società,
essere un gruppo,
essere persona,
essere è vivere da vicino,
parlarsi a gesti,
che si può capire,
chè si può imparare.

Tastare il terreno,
conquistare terre,
insegnare religioni,
presentare Dèi incandescenti.
Bruciarsi la lingua in (con)preghiere e spezie di un oriente relativo.
Chè ci troviamo braccio a braccio,
poi, amanti e amici,
col suono di risate forti e dadi e dame.
Curiosità benedetta.
Fascinazione del diverso.
Sgambetti alla paura.
Allenamento, determinazione,
educazione all’educazione
ammaestramento al rispetto,
all’accoglienza.
Girotondo,
casca il mondo,
casca la terra e tutti giù per terra.

Tutti senza paragone,
senza distinzione,
senza eleganza o nomi,
girotondo,
che non casca il mondo,
che non casca la terra
se siamo tutti giù per terra
e ci guardiamo, nella pausa
di un respiro,
e scopriamo i denti in un sorriso
che non morde,
e facciamo riverenza.
Che ciascuno è uno,
e anormale,
atipico,
perché unico e speciale,
diverso da tutti,
nel corpo e nello spirito.
Asteniamoci dal giudicare,
esseri umani,
siamo tutti nel peccato.
Tutti nasciamo liberi
ed uguali In dignità e diritti.
Dotati di ragione e di coscienza.
Agire dobbiamo verso gli altri in fratellanza.
Odio l’intolleranza, la tolleranza non è abbastanza.
Vorrei vedere macerie delle distinzioni.
Dentro di me.

IL SOGNO PRECARIO
E anche stamattina mi sono svegliata, no, per questo… menomale… volevo dire IN ORARIO. Sempre in orario, 6 e 15. Il gallo programmato. Che se arrivi 5 minuti dopo, sei precario, non c’è niente da fere, precario e basta, e quindi rischi TUTTO...Si rischia TUTTO…. Rischia tutto????!!! Ah, ecco cosa dovrei fare, Rischia Tutto! Chi dice che non possa andarmi bene? Rischia tutto, il milionario , i pacchi, l’isola dei famosi, l’isola degli schiavi… no quello è Marivaux, win for life, totocalcio, lotto, superenalotto. Spendo più soldi ad investire nel sogno della fortuna che in pane… Pane… pane finto, in cassetta, industriale ! Al kg quello vero costa troppo e non si può buttare. Stamattina mi sono messa la cravatta. Fa un po’ anni ottanta ma mi sembrava di andare in ufficio con un certo “tono”. Magari, ho pensato, magari mi notano, magari annotano com’è distinta quella ragazza, starebbe bene alla scrivania dell’ingresso sotto la riproduzione di Wharol, starebbe bene… e smetterei di stare in mezzo ad altri 29 banchi di scuola, con la cuffietta e il microfonino a rispondere al telefono leggendo le istruzioni, sottopagata, e smetterei di rischiarmi tutto se non supero la media giornaliera dei contatti: MDP il minimo del precario. MDP ma dove poi…ma quand’è che potrò mettere con senso la cravatta, mettere senso alla cravatta. Andare a casa, dopo aver lavorato certo, ma avere il tempo di truccarmi, uscire con Guido senza avere le occhiaie e la voce stanca e camminare e sorridere e passare davanti al tabaccaio senza ricordarmi di tutti i soldi spesi a tentare la fortuna, e girare la ruota dei sogni e potermi permettere di cambiarli, di sollevarli un po’ dalla mediocrità imposta e dirmi che posso pur’io entrare alla triade ikea castorama e premaman… e sorridere anche lì, e dire che se ci sposiamo sarà meglio, sarà bello, sarà un futuro, saremo noi. Un’offerta, a prezzo scontato, ma possedere il sogno, quello mio, quello del precario, il minimo sogno, ma possederlo. Questa è la vita. E non è ancora cominciata.
TUTTE LE SERE

Tutte le sere apro le
Persiane della mia finestra,
accendo la luce,
scosto le tende.
Mi siedo alla poltroncina
Verde, scelta con cura e
Amata da tempo in sogno.
Quello è l’angolo del Tempo
Vero- Tempo laterale, il Tempo della vita
Che amo. Le pagine
dei libri. Suona il citofono
qualcuno ha visto la luce.
Qualcuno cerca un po’ d’amore
Qualcuno mi paga la compagnia.
Sulla poltrona faccio cadere*
Il velo – di pizzo nero.
A loro piace.
Certe volte mi chiedono di sedermici,
ma io rispondo che lì
no,
lì non si può.
Lì non si fa.
Dovrò decidermi a
comprare un separè.
Un paravento.
Ma è così piccola la mia casa.
Eh si che sogno di averne una
Più grande
E che sia mia.
Davvero mia.
Oggi è un po’ di tutti
Quelli che vengono.
In un angolo,
in una rientranza
accanto al letto
ho dipinto d’azzurro.
Mi piace il mare.
Mi piace, e mi
Tranquillizza.
Fai piano , tu,
caro,
e non ci penso
e cerco di perdermi
in quell’azzurro,
a volte,
e di non sentire
che mi stanno invadendo,
che mi stanno occupando,
che mi stanno bruciando,
uccidendo
e che Gabriele
se ne è andato
e che lui l’ho amato,
tanto,
davvero.
Bravo così,
mille mani sulla mia
gamba, belle gambe ,
tutti i giorni.
Ma chiudo gli occhi
E se non sono
Troppo arrabbiati…
Li guido io.
Perché così sento
Soltanto
Quella che vorrei.
Mi faccio pagare
Bene
Perché
Quelli che vengono da me
Non sono ricchi.
E se aumento
I prezzi poi
Non vengono più
E io non posso permettermi
Neanche questa piccola casetta.
Dovrei farmi un completo
Col pizzo
Nero.
Paola si, li fa
Li fa bene
Li fa su misura
E’ una mia amica.
Ma poi come copro
La poltrona dei libri?
Gabriele
Mi ha visto
Lì seduta un giorno,
avevo lasciato la porta discosta,
sapevo che sarebbe arrivato,
ero tranquilla
immersa
nel mio mondo fatato.
E’ entrato e mi ha detto.
Tu sei troppo bella-
Troppo bella
Per tutto questo.
Io non posso
Non me lo dimenticherò
Mai
Il suono della
Sua
Voce.
Quel modo pieno di dire.
Non poteva permettersi
Di tirarmi forte
Via
Da lì.
Lo spavento mi ha riempito
La bocca. Stava uscendo
Per non tornare più
Io mi sono difesa.
Ho infilato il naso in Portogallo
E
Come.se.non.bastasse quel mare
L’ho inondato del mio
Le lettere si muovevano
Come le lacrime-onde
Negli occhi dei cartoni amati.
Ma non ero sola
Non sono mai sola.
Vieni avanti bello,
sulla tua destra,
l’interruttore,
spegni la luce.

Di dove sono
Del mio paese
Quale paese
Lo stesso
Lo stesso di tutti
Lo stesso per tutti.
Vieni bello
Ti faccio
Compagnia.

IL VOLO DI UNA MOSCA
Non che sia funesto a chi nasce il dì natale ma…
Se poi vivi dell’attenzione di lui…
E lui…
Non della tua
E devi capire che ha pure ragione,
che proprio Tu
- uno come te -
sempre addosso
non lo vorresti,
eh!
Allora te lo dici anche tu,
che nella nascita,
nel tuo modo di essere
c’è
qualcosa che
indiscutibilmente
non va.
E’ un meccanismo inceppato,
avariato scaduto,
trovare il centro di sé,
senza orientalismi
ma con spirito di sopravvivenza.
Punto uno l’oriente è lontano
e la geografia è il mio forte
punto due dove è andato a finire lo spirito
in questo occidente opulento
questa l’ho già sentita,
e che mi importa
perché vale ancora
perché è sempre il caso
di spiegare perché
perché non è mai abbastanza
quello che abbiamo osservato
del nostro pezzo di mondo antico,
pieno di bei ruderi,
pieno di musei,
pieno di arte
e di storia
e di religione,
soprattutto
Si ma dove è lo Spirito,
non la necessità del Riso
(pure necessario)
non il bisogno metafisico
non il termine della spiegazione filosofica
dico: lo spirito,
il principio, NON PER FORZA IMMATERIALE,
del pensare e del volere,
il principio
delle attività mentali superiori,
dice il dizionario,
io dico: superiori poi perché.
Il principio dei sentimenti più alti,
sempre il dizionario,
io dico: più alti cosa, e per chi.
Dove è lo spirito?
Io tutti i giorni lo cerco,
e non solo quello di sopravvivenza,
ma sotto il tavolo non c’è,
neanche nel forno,
non in piazza o sul letto.
Trovarlo. Assolutamente.
Chè se no sembri una mosca
Che sbatte,
tonta,
contro un vetro,
e si lascia morire,
guardando
sognando
di esserne al di là.